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Nov 24

Il buon filo di Carrara e del Calore per tessere la trama resistente delle comunità dei fiumi

L’editoriale della IV settimana di novembre 2014

Quasi ci siamo: il 30 novembre le realtà di base degli alluvionati sorti in questi ultimi anni e quanti sono attivi nel promuovere la difesa del territorio e la prevenzione, si incontreranno per farsi rete e promuovere un movimento ampio dando vita a “Maipiù Rete/Movimento delle comunità dei fiumi, dei versanti e del popolo degli alluvionati”.
Ci sono voluti tre anni per far partire davvero un cammino che sembrava impossibile e che certamente è ambizioso:  ripulire dal fango di promesse mai mantenute la speranza che si possa vivere con dignità nelle aree a rischio idrogeologico di questo Paese.
In questi giorni in cui il tema delle alluvioni, dei morti, dei danni è tornato all’onore delle cronache, alcuni osservatori hanno amaramente scritto, che le vere cause dei danni da’alluvione e da maltempo in Italia stanno nella Politica e nel Governo.
Come non essere d’accordo? Detto così, però, questo giudizio corre il rischio di essere un’ovvia scorciatoia ma dal tratto qualunquista per quel tanto  che rischia di diventare innocua ed inefficace perché non individua responsabilità precise e non indica come uscirne.
Certamente c’è una grande responsabilità delle classi dirigenti nazionali e locali se in Italia in 50 anni ci sono stati quasi 4000 morti per frane e alluvioni, una quantità incredibile di danni la cui contabilità reale, in realtà, non è mai stata scritta e se le vittime hanno raramente avuto la dignità di una qualche risposta sia per i risarcimenti sia per l’accertamento delle responsabilità.
Ma la politica non è solo gestione del governo  è, anche, il modo come la società e i singoli si rapportano con il governo dell’esistente, come una società elabora, produce e attribuisce significato ai propri comportamenti e come, conformemente, agisce.
Per ogni sindaco che ha rilasciato una licenza dove non avrebbe dovuto o ha fatto finta di non vedere l’abusivismo, per ogni condono fatto dai partiti, per ogni opera di cementificazione selvaggia ci sono stati e ci sono interessi privati su cui si sono costruite fortune personali (elettorali ed economiche) che hanno pagato mazzette,sollecitato prima prima e goduto poi dei provvedimenti, scambio di voto elettorale.
Dunque, tutti colpevoli, nessun colpevole? No, non è così ci sono responsabilità precise e diverse per un problema che va affrontato per la complessità che ci pone e per cui non servono semplificazioni e scorciatoie: responsabilità delle classi dirigenti che devono essere chiamate a dare risposte precise e responsabilità  civili per cui siamo chiamati a cambiare i comportamenti conniventi che concorrono ad una gestione del territorio socialmente irresponsabile.
Responsabilità complesse su cui intervenire per cui serve una trama ed un tessuto forte, un tessuto per una rete che sappia promuovere un movimento capace di costringere le classi dirigenti ad assumere la responsabilità politica e sappia coinvolgere il Paese nella responsabilità (altrettanto politica) di rivedere e cambiare i propri comportamenti dominanti.
Per questo ambizioso obiettivo servirà il compiersi di diverse condizioni favorevoli. Noi che stiamo sollecitando la nascita di un movimento ampio ed inclusivo che provi a riscrivere il destino delle aree a rischio idrogeologico, scommettiamo su una di queste che ci sembra straordinaria: la forza e le ragioni che salgono dall’impegno di tanti che si sta sviluppando e manifestando nel Paese e che con grande sforzo sta imparando a dare vita in molti luoghi  a nuclei ed esperienze di resistenza, di proposta o di ricerca di alternative.
Fra tutte mi piace pensare a due realtà  diverse ed alla lezione che ci viene da loro.
A Carrara  i cittadini, reagendo alla ennesima annunciatissima alluvione devastante, hanno chiamato direttamente in causa la responsabilità della classe dirigente della città occupando il Comune e chiedendo le dimissioni del Sindaco. Una lezione importante, che ci dice (insieme a tanti altri segnali come quelli di Genova o di altre realtà che stanno analogamente scendendo in campo “contro l’ipocrisia e la irresponsabilità della politica”) che la misura è colma e che la consapevolezza di non poter concedere più alibi si fa strada insieme alla contabilità dei morti e dei danni.
Una esperienza di base di cittadini in lotta  che rivendicano responsabilità, rifiutano la politica delle pacche sulla spalla e pretendono risposte; una esperienza che, se solo ne avesse la possibilità, a centinaia di km di distanza, potrebbe conoscere un’altra lezione.
In Irpinia, lungo il fiume Calore, un gruppo di giovani impegnati in un comitato per la tutela del loro fiume e nel Forum Ambientale dell’Appennino, lavora in una fitta rete di iniziative a coinvolgere la comunità e le istituzioni di territorio per dare vita ad un Contratto di Fiume, ovvero ad uno strumento per il governo partecipato sulle scelte fondamentali per come si gestisce e si governa il fiume.
Un impegno che anche qui deve fare i conti con l’insipienza delle classi dirigenti ma che punta con il progetto a cambiare le scelte politiche e sociali delle loro comunità indicando modelli di gestione ed uso del territorio che rendono vivibile e gratificante il rapporto fra la comunità e il loro fiume.
Esperienze diversissime fra di loro che, appunto, hanno bisogno di conoscersi per intrecciarsi e ritrovarsi per un possibile lavoro comune.
Separatamente si raccontano come battaglie impossibili e dunque perse, quasi da Donchisciotte contro i mulini a vento. Se potessero mettere insieme  l’indignazione dei cittadini e il progetto dell’alternativa, allora, forse, avrebbero almeno la possibilità e la forza di scrivere una nuova narrazione: quella che ha la pretesa e l’ambizione di ripulire il destino di una parte così larga e importante del Paese dal fango della malapolitica e dalla irresponsabilità civile.

Per questo Maipiù nasce come rete, per collegare le esperienze e diventare un tessuto resistente e dare vita ad un movimento forte che ottenga i risultati di cui abbiamo bisogno: prevenzione, messa in sicurezza, certezza ed equità dei risarcimenti, una nuova politica di gestione del territorio.
Il buon filo resistente di Cararra e del Calore intrecciato con i fili diversissimi delle tante altre realtà di base e dell’impegno civico che stanno nascendo può tessere il tessuto del sacco di cui abbiamo bisogno per metterci dentro il risultato.
Potremo riuscirci se sapremo riconoscere che, in fondo, sia a Carrara che in Irpinia, seppure con forme e modi diversi, a base delle esperienze c’è il tentativo di spostare in basso i luoghi delle decisioni e della responsabilità e se sapremo collegare lo sforzo e riempirlo di progetto e contenuti socialmente condivisi

Gianni Fabbris

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