Pubblichiamo da Il Tirreno (leggi articolo originale)
MASSA. Bonifica della falda e recupero delle aree industriali. Risanamento idrogeologico, delocalizzazione della aziende del lapideo e sviluppo della filiera del marmo. Potenziamento della rete dei trasporti e ampliamento del porto commerciale. Il rilancio dell’economia locale, secondo Cgil, Cisl e Uil, deve ripartire da qui: da questi punti scritti nero su bianco su quello che è diventato il “manifesto” dello stato di agitazione proclamato dai sindacati su tutto il territorio provinciale. Un documento presentato venerdì 30 gennaio durante l’attivo fra quadri e delegati e che verrà adesso consegnato in mano alle istituzioni affinché lo applichino alla lettera. In caso contrario – fanno sapere sindacati – verranno intraprese tutte le forme di lotta possibile «perché il tempo a disposizione per riflettere sulle decisioni da prendere è finito».
Già in programma una manifestazione a fine febbraio e l’ipotesi di uno sciopero generale. «Massa Carrara ha perso negli anni della crisi 5mila posti di lavoro – si legge nel documento – e considerato il fatto che anche nei sei anni precedenti la nostra economia era in perdita, mentre tutto il resto della Toscana cresceva, non possiamo più permetterci di rinviare ancora la definizione di un progetto di sviluppo condiviso da imporre finalmente all’attenzione del Governo». Se già il resto della Toscana non se la passa bene, la provincia apuana ha il triste primato di passarsela peggio, con la più alta percentuale di disoccupati, il reddito pro capite più basso e il più alto tasso di precariato (solo il 51% ha un contratto a tempo indeterminato). L’impressione poi è che non solo «i lavoratori stiano diventando sempre più poveri», come ha dichiarato il segretario provinciale della Cgil, Paolo Gozzani, ma che stiano perdendo anche diritti acquisiti in anni di lotte e rivendicazioni sindacali.
«Con l’assunzione a tutele crescenti – spiega Gozzani – il giovane non ha nessuna garanzia. I poteri sono stati ridistribuiti a favore delle imprese che possono licenziare qualsiasi dipendente assunto a tempo indeterminato». Discorsi, questi, triti e ritriti negli ultimi mesi, a cui però non ha fatto mai seguito – stando ai sindacati – una risposta chiara delle istituzioni. E la risposta adesso i lavoratori la pretendono, perché «mentre Roma discute, Sagunto brucia», dicono i sindacati alludendo all’immobilismo della politica. E intanto loro lanciano le proposte per rendere appetibile questo territorio a investimenti, come la bonifica della zona industriale, e per creare nuovi posti di lavoro, come la creazione di una filiera corta del marmo («la vera ricchezza di questo territorio», dice Gozzani). Michele Folloni, segretario provinciale di Fim Cisl chiede che venga individuato un «metodo» per collegare «la necessità di mettere in sicurezza il territorio e la disoccupazione – dice – Un metodo che permetta di impiegare i disoccupati e cassaintegrati per lavori contro il dissesto idrogeologico in attesa del loro collocamento. Un metodo che possa essere usato anche per un’altra azienda». Insomma il messaggio è: “ora basta”. «I problemi li conosciamo e le soluzioni anche – si legge nel documento – Ora si tratta di pretendere le risorse necessarie a metterle in pratica».
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