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Gen 16

Per la difesa del suolo attivati interventi per 700 milioni

Pubblichiamo da Il Sole24ore (leggi articolo originale)

È partita l’accelerazione tanto attesa per gli investimenti nella difesa del suolo. Dei 2,3 miliardi disponibili a vario titolo per il dissesto idrogeologico da vecchi piani e nuovi stanziamenti (e non di rado attribuiti a progetti bloccati) nel periodo maggio-dicembre 2014 sono stati appaltati o attivati (cioè assegnati o banditi) lavori per 700 milioni.
Il monitoraggio svolto dall’unità di missione di Palazzo Chigi guidata da Erasmo D’Angelis e Mauro Grassi, fotografa al momento 429 progetti per 647 milioni ma al termine del conteggio si pensa di arrivare appunto a sfiorare i 700 milioni.

Tra i maggiori interventi spiccano le opere per la messa in sicurezza del lago d’Idro (50,3 miloni) in Lombardia, lo scolmatore Fereggiano (45 milioni) e gli altri interventi per il fiume Bisagno (37 milioni) in Liguria, ancora l’adeguamento del canale scolmatore di nord-ovest per Milano (23,4 milioni), la realizzazione di una cassa di espansione e la sistemazione delle sezioni di deflusso a Castelfranco Veneto (16,8 milioni), lo scolmatore dell’Arno a Pisa-Pontedera (15 milioni) e la cassa di espansione a Figline (14 milioni) in Toscana.
La ripartizione regionale dei 429 progetti evidenzia la Lombardia al primo posto con 57 interventi per 137,8 milioni, seguita dalla Toscana con 33 interventi per 62,4 milioni, dalla Calabria con 50 interventi per 58,5 milioni. Per numero di interventi è avanti il Piemonte con 102 progetti che totalizzano un valore di 33 milioni.

Contemporaneamente l’unità di missione di Palazzo Chigi ha raccolto, insieme al ministero dell’Ambiente, le proposte regionali per i due piani (aggiuntivi) in corso di messa a punto: il piano nazionale settennale 2014-2020 della difesa del suolo che punta a partire con risorse per 7-9 miliardi e il piano stralcio destinato alle aree metropolitane.
Per il piano nazionale le proposte giunte a Roma dalle Regioni ammontano a una spesa di 16.357 milioni, di cui 875 milioni con progettazione esecutiva e 2.029 milioni con progettazione definitiva. Ci sono quindi circa 2,9 miliardi cantierabili in tempi relativamente brevi quando il piano avrà il via libera. Le Regioni del Sud, che potranno contare anche su fondi strutturali Ue e sul Fondo sviluppo coesione (che per l’80% va al Mezzogiorno), hanno presentato valanghe di progetti e sono ai primi posti: la Campania con 2.995 milioni, la Sicilia con 1.937 milioni, la Puglia con 1.444 milioni, la Sardegna con 1.173 milioni, la Basilicata con 968 milioni. Al centro-nord Emilia-Romagna al primo posto per richieste con 898 milioni, seguita dal Veneto con 794 milioni e dalla Lombardia con 647milioni.

Per il piano stralcio per le città metropolitane – che costituisce il primo e più urgente step della nuova programmazione – sono invece arrivate al governo proposte per 2.989 milioni di cui progetti per 176 milioni con progetto esecutivo e interventi per 832 milioni con progetto definitivo. Un altro miliardo di opere cantierabili in tempi brevi, quindi. Roma ha chiesto interventi per 755,8 milioni, Genova per 555,4 milioni, Venezia per 485,6 milioni, Napoli per 343,8 milioni, Torino per 186,8 milioni, Firenze per 143,1 milioni, Palermo per 113,7 milioni, Bari per 105,2 milioni, Milano per 87,3 milioni, Messina per 84,6 milioni.
Le proposte saranno ora selezionate in base al grado di urgenza e a una gradazione temporale-territoriale-progettuale che terrà conto anche delle effettive disponibilità finanziarie. Gran parte delle risorse del piano settennale dovrebbero arrivare dal Fondo sviluppo coesione (Fsc) che può contare su un totale di 50 miliardi circa per il periodo 2014-2020, in affiancamento ai fondi strutturali Ue e ai relativi cofinanziamenti nazionali (altri 75 miliardi circa).

La legge di stabilità 2015 ha previsto che entro aprile sia una delibera del Cipe a pianificare almeno l’80% delle risorse a disposizione e in questo senso il piano idrogeologico sembra prenotare un posto in prima fila perché è noto che Palazzo Chigi considera questo settore assolutamente prioritario. Il vero problema del Fsc resta il cadenzamento negli anni della cassa che sarà messa a disposizione dal Mef e dalla Ragioneria ma anche su questo la delibera Cipe – che nasce per ridurre le “mani libere” avute finora dal Mef e dalla Ragioneria in questa partita – dovrebbe dare indicazioni vincolanti.

Intanto ieri il capo dell’unità di missione, Erasmo DAngelis, è stato ascoltato in Senato nell’ambito dell’esame del collegato ambientale. Tre i messaggi forti inviati e le proposte richieste da D’Angelis all’attuale articolato. La prima e più importante è che ai Presidenti delle Regioni nella loro veste commissariale siano affidati tutti i progetti relativi al dissesto idrogeologico a prescindere dal piano e dalla fonte di finanziamento. La seconda questione riguarda l’adozione di un sistema di monitoraggio degli interventi più trasparente. La terza proposta di modifica riguarda le autorità di distretto idrografico che devono diventare anche di punto di raccolta di tutte le informazioni.

di Giorgio Santilli

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